Category: letteratura


Ultima Books, la libreria legata al primo e migliore editore digitale in Italia, Simplicissimus, si lancia in una iniziativa interessante per tutti gli amanti degli e book reader. Potrete recensire un libro che vi verrà recapitato via mail, in regalo in cambio di una recensione.

Io ho scelto Cirkus Columbia, di Ivica Djikić, Zandonai Editore, di cui ho apprezzato la riduzione cinematografica di Danis Tanovic.

Presto quindi la recensione . Per ora comprate il libro

 

Cirkus Columbia

Cirkus Columbia, Zandonai e Simplicissimus editori

 

Finale

http://www.editoriadipoesianettuno.it/

Fiera dei piccoli editori nel Lazio e 1° Festival dei Poeti

Finalista con una poesia al concorso Detto Scritto. Incrociamo le dita il 3 ottobre alle 11.00 Reading al Forte Sangallo, Nettuno.

Contro la teletteratura, racconti brevi.

giulio ferroni, scritture a perdere. la letteratura negli anni zero,  2010, Editori Laterza

Bah, alla fine non saprei dire. Comunque è come aspettare Godot.

Si scrive tanto e male, questa non è una novità, e il prof Ferroni, non rinuncia a dogliarsene cercando di riaccendere la polemica con un pamphlet appena uscito per Laterza.

Senza fare troppa accademia, spara a zero, facendo nomi e cognomi. Baricco, Mazzantini, Wu Ming, Paolo Giordano e altri, tutti autori “blasonati”, che non sono scrittori, ma produttori di teletteratura (il neologismo infame è mio non di Ferroni, ndr). I telescrittori (o telescriventi?) usano tecniche ormai consolidate e canonizzate dalla produzione televisiva e plurimediale, frutto dell’industria culturale.  Di questa produzione e consumo di massa ne ereditano e sublimano vizi ed in qualche caso le poche virtù (E’ l’industria culturale, bellezza, e tu non ci puoi fare niente. niente!). Basta affermare con forza che non stiamo parlando di letteratura ed il gioco è fatto.  Serialità, spettacolarizzazione dalla narrativa di genere (il noir in particolare) si estendono a quella generalista, appiattiscono lo stile, svuotano di senso l’opera tanto che il travaso nell’empireo della fiction e del cinema è pressoché immediato. La scrittura che si dispone “in un orizzonte di spettacolo”, specie quella Romanzesca, fa “leva su elementi di tipo esterno” che la rendono vuoto a perdere. Non è una novità. Val la pena allora non tanto censurare l’ovvio quanto cercare di ritrovare quello che si è perso. Dove sono le lettere?

Se la Tv ha decretato la fine del romanzo inteso come oggetto letterario a resuscitarlo non saranno di certo internet e le varie realtà virtuali e multimediali, secondo Ferroni. Le “magnifiche sorti e progressive” delle letteratura affidate all’informatica e alla rete conducono solo ad un radicalismo teorico chiuso in se stesso. Conventicole, extra accademiche magari ma pur sempre conventicole, che “evitano accuratamente di interrogare i caratteri del mondo (anche quando pretendono di metterlo in questione o credono di cavalcarne le tendenze) (p.35). E questo spiega come in fondo la voce del professor Ferroni non desti scandalo e sdegno in nessuno dei protagonisti della teletterattura e nessuno di loro si degna mai di rispondere piccato o meno. L’unico che ci ha provato è stato Baricco nel 2006 , rimediando una figuraccia per non aver letto le recensioni di Ferroni. La regola numero uno è lasciare fuori dal dominio in questione la voce “contro”, i telelettori, del prof Ferroni, non avranno mai notizia.

Se spegniamo il romanzo cosa resta alla letteratura? Secondo Ferroni il racconto breve, la cui misura è forse la più idonea a “dire il presente” e quella forma ibrida denominata “autofiction” che forza i limiti del romanzo, della biografia e del saggio, fondendoli in una nuova forma (Gomorra docet) e di cui si intravvedono i “natali” nella Recherche Proustiana (ma si potrebbe dire di Céline, forse) e più recentemente in un libro di Pierre Minchon , les Vies minuscoles, non ancora tradotto in italiano. Per non saper ne leggere ne scrivere e per farsi un’idea di dove vanno le lettere val la pena affidarsi alla lista della spesa proposta nell’ultimo capitolo da Ferroni. Giovanni Martini, “La Nostra Presenza“, Francesco Pecoraro, Dove credi di andare, Silvana Grasso, Pazza è la Luna,  Andrea Carraro e Giorgio Falco  per i racconti;  Antonio Pascale, Gabriele Pedullà, Vitaliano Trevisan, Antonio Tabucchi e  a la Parrella ( Borderline con la teleletteratura)  e Arbasino e qulchedun altro.

Certo tenersi fuori dalla velocità distruttiva che ha preso l’industria culturale o meglio raccontarla tenendo fuori il suo prodotto è difficile, anche la libreria di Ferroni è nutrita.
Che fare, allora? Torna quindi in ballo la responsabilità, soprattutto dell’autore: responsabilità civile per assicurare alla società un futuro oltre la produzione ed il consumo di massa, per assicurarle un destino partendo da una negazione forte del modo di agire attuale.

Se il dibattito si estendesse non sarebbe male. La Pamphlettistica, va detto, è una raffinata e storicamente collaudata tecnica di marketing, oltre che un ottimo strumento di dibattito culturale.

Intanto per prepararsi, prima di sparare, sarà il caso di leggere il Prof Ferroni, più approfonditamente, visto che le sue riflessioni vanno avanti dagli anni 90 ed il dibattito in generale da un po prima (Baudrillard, Fortini ecc..) . Per averne uno sguardo di insieme però, leggere “Dopo la fine. Una letteratura possibile”

Il problema è che le tesi di Ferroni si possono applicare anche alla critica letteraria oltre che alla letteratura, anch’essa ridotta a puro “spot”.

http://www.nazioneindiana.com/2010/06/16/%E2%80%9Cla-co…
http://www.ospiteingrato.org/Arretrati/arretrati_04_01.…

Bah, magari quelli di nazioneindiana gli vorranno mandare le 10 domande.

Dopo gli interventi di Helena JaneczekAndrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. DopoErri De LucaLuigi BernardiMichela MurgiaGiulio MozziEmanule Trevi,Ferruccio ParazzoliClaudio PiersantiFranco CordelliGherardo Bortolotti,Dario VoltoliniTommaso PincioAlberto AbruzzeseNicola Lagioia,Christian RaimoGianni CelatiMarcello FoisLaura PugnoBiagio CepollaroGinevra BompianiMarco GiovenaleVincenzo LatronicoFranz Krauspenhaar, ecco le risposte di Giorgio Vasta.]

Il Gusto della polemica letteraria, accapigliandosi, aumenta il dramma, è uno spettacolo.

colophon

«Oggi assistiamo al paradosso di una letteratura che si moltiplica e contemporaneamente arretra, assediata dall’impero dei media, dalla vacuità della comunicazione, dalla degradazione del linguaggio e della vita civile.»

Sottrarre anziché accumulare, ritrovare la passione e la bellezza dell’essenziale. Scrivere di meno, scrivere meglio. «Insieme ad una radicale ecologia dell’ambiente fisico abbiamo sempre più bisogno di un’ecologia della comunicazione, che agisca come ecologia della mente, che liberi le nostre menti dagli scarti infiniti che le tengono in ogni momento sotto assedio, con una variegata catena di manipolazioni a cui ben pochi arrivano a resistere. Ed è sempre più necessaria un’ecologia del libro e della letteratura, capace di operare distinzioni nell’immenso accumulo del materiale librario prodotto».

E’ un’idea semplice ed in quanto tale geniale. E’ un flashmob e aderisco felice perchè senza leggere non so stare. gli ospiti del Gentes il 26 marzo riceveranno in regalo un libro. buona lettura.
Il 26 marzo 2010, nelle migliori stradi, sui migliori treni, nei migliori B&B 🙂

qui il gruppo su facebook
qui il sito dell’ideatore promotore Alberto Schiariti

Copertina di Le Teste Giuseppe Genna

Le Teste, G. Genna

Non ho mai amato troppo la letteratura di genere. Quella di James Ellroy, ad esempio e per capirci. Una roba tipo L.A. Confidential non sono nemmeno riuscito a finirla. Forse non la capivo. Non c’erano personaggi, tutti i poliziotti, caratteri ben definiti, non pensavano, agivano, senza psiche, senza anima, o forse, vittime dell’anima grande, violenta e cinica della città degli angeli. Una noia comunque. Fino a che non ho letto “Le Teste”, di Giuseppe Genna, che ringrazio. Il commissario Lopez ne ha di anima, Milano no e folgorante, lo snodarsi della sua vicenda ha gettato luce sulla letteratura di genere, sulla fiction che tanto va di moda. Cito Testualmente:

“…Scoperta la finzione, è lui (Lopez, ndr) al centro della finzione, e non c’è più tempo. Da questo momento il tempo non è più. E’ un proiettile. E’ tutta trama, da questo istante: semplicemente trama.
Se il tempo diventa la propria trama veloce, svaporano i significati reconditi. E’ soltanto sequenza, è soltanto secrezione. Accelerazione. Adrenalina. Noradrenalina. Precursori cerebrali. Non ci sono significati nascosti, poiché la finzione non è più. Nulla  è più finto, non esistono i significati. Soltanto nomi e forme. Si va nella verità che è vuota.”

Los Angeles è trama, Milano è solo trama, Roma, L’italia, il mondo è trama, senza tempo, senza significati nascosti, senza inconsci da disvelare, psiche da far emergere. I personaggi di Ellroy non hanno verità nascoste, sono eterodiretti, adrenalina, pura sequenza di azioni, primordiali come primordiale è l’oggi.
Un senso, a saperlo leggere, si trova sempre. Lo sguardo di Genna e tra i più lucidi di questo tempo. Ora tocca a Dies Irae

Qui il sito di Genna www.giugenna.com.

il tempo materiale, giorgio vasta, minmum fax

il tempo materiale, giorgio vasta, minmum fax

1978, i mesi del rapimento Moro e del suo omicidio. 3 studenti della scuola media perdono l’innocenza in nome dell’ideologia brigatista. Il romanzo di Vasta, è crudo come la paratassi che usa, come l’Italia di ieri e di oggi, come l’infanzia e l’adolescenza.
Cos’ hanno le generazioni di oggi se non le metastasi di un cancro che si è manifestato nelgi anni di piombo? Cosa sono gli adulti di oggi se non tanti piccoli signori delle Mosche cresciuti nella più totale mercificazione?
Un libro pesante, per gli adulti, che rivela il rimosso di ogni educazione, plebea, proletaria o borghese che sia.
Cosa ci aspettiamo dai nostri figli se non la perdita dell’innocenza? Stiamo li, a scrutarli in attesa del fatidico giorno in cui sapremo riconoscerli uguali a noi, avvezzi al compremesso, rassegnati, senza più sogni ma in grado di scandire il tempo materiale, di farsi furbi, cinici e sopravvivere alla loro vita violenta. Vasta è forse il più pasoliniano degli scrittori contemporanei, l’unico che ha tentato di raccontare gli anni di piombo, l’aborto di un paese, con uno sguardo scevro da ogni ideologia.

Marco Tullio Dentale e Serana Damiani, giocano con le parole, con il teatro e con la musica e con la pittura. Lo fanno per professione e lo fanno per piacere, insieme ad altri curiosi, amanti della parola scritta, recitata, cantata, pennellata.  Lo fanno un paio di martedì ogni mese nella loro libreria Gabi International, in via Gabi 30 a Roma, vicino a Piazza Re di Roma.

Li ho conosciuti per caso, inviando un po di poesiè per AAA autori e Attori cercasi e, martedì 27 ottobre mi sono divertito un mondo. Serena, è un’attrice divertentissima, raccoglie insieme a Marco i testi et voilà li mettono in scena con Marco alle percussioni ed un amico al basso acustico.

Lo spettacolo è a contributo libero ma libero è anche lo spirito che li anima e libero è il pensiero che scorazza, tirato di quà e di là dalle parole di tanti autori spettatori che si ritrovano per una serata tra i libri.

Tra i libri tocchi con mano quello che quotidianamente, se ami le parole, ti ripeti. Sfumato è il confine tra le arti, il teatro, la letteratura, la musica e la pittura, creativo è il gioco di combinarle insieme, seguendo il senso dei testi che stanno nascosti  nelle penne della gente.

L’arte, può abitare ovunque se le si da spazio ed in fondo non ne serve molto.  A volte basta un’occasione, un pretesto.  Marco e serena sono maieutici.

Quindi se volete un pretesto, o semplicemente passare una serata serena, venite martedì 10 alle ore 21 a far scorta di parole ed emozioni.

Hano contribuito alla serata con le loro parole, oltre al sottoscritto:

Namì, Chiara Marena, Maddalena Liani -prima le donne- Fabio Baldassarri, Enzo Roma, Massimiliano Finelli, Alberto Santangeli, Sergio Teatini

Un saluto a tutti e a martedì prossimo

Dopo aver visto videocracy, tutta una serie di pietre che ho accumultato recentemente si sono infilate lungo un filo sottile per fare una bella collana di riflessioni.

Ho visto la puntata di Anno Zero, ieri: la clip chel’ha chiusa attorno al collo.

Il ciondolo che fa bella mostra di se è il documentario il Corpo delle Donne.

Ieri, grazie a Michele Santoro è andata in onda per l’ennesima volta la rappresentazione del nulla, dell’universo surreale nel quale si è trasfromata ormai la politica e la vita quotidiana in questo paese.

Il dibattito sulla libertà di stampa con puntate sugli effetti della crisi è stato un distillato di irreversibili, perverse violazioni di un qualsiasi ipotetico futuro e di tutti i concetti che hanno fino ad oggi costituito l’armamentario della teoria della politica, del diritto, della comunicazione e del giornalismo. Il funerale, in prima serata ,del buon senso. Il trionfo dell’opinabilità tout court che fa dell’assodato, del lapalissiamo, dello storico e dell’acquisito, dell’evidente, poltiglia; velenosa miscela del falso e del vero.

Attori di questa cerimonia, “non persone” di vario mestiere. Politici, Giornalisti, applaudenti spettatori. Un insieme di “non persone”, per un “non dibattito”, fatto di “non parole”. Campioni della nuova mutazione antropologica attualmente al potere: I videùmani.

La non persona per antonomasi è id ma osservarne ormai quotidianamente la produzione di massa mette davvero paura

E la non-persona è pura apparenza, senza movimento, semza cambiamento, senza spessore. Affrontando la non-persona non ha senso porsi domande sulle cause, bisogna, infatti, evitare il rischio di concedergli una qualche vittoria postuma: «Tu non sei creato dal trauma. Tuo padre e tua madre non furono diversi dai padri e dalle madri. Tu non sei determinato da pratiche sessuali: anche altri le compiono. Di te non va pronunciata la domanda: perché? Nessuna vittoria postuma va concessa a te, l’apparenza che simula di essere. L’apparenza, sganciata dall’essere, stermina».

 

tratto da Mauro Trotta che recensisce Hitler di Giuseppe Genna

Lost in Traslation

Ci sono cose che non capisco se non con molto ritardo e per caso.
Ho sempre amato Fernanda Pivano, ora lo so. In maniera strana. La conoscevo come traduttrice (Hemingway resta un faro per me) ma ad essere sincero non la seguivo da vicino. Era lei a seguire me. Saranno stati forse la sua dolcezza, i suoi occhi, la pacatezza, non so, ma riconoscevo qualcosa in lei di familiare, quasi materno. Per questo non la seguivo con attenzione come spesso non si segue la mamma. Intanto si sa che lei c’è. è li, sempre e comunque. Per questo la sua morte per me è stato un dolore fortissimo, acuito dalla confusione. Perchè mi manca la Pivano, che stimavo ma non seguivo come punto altre cose con attenzione?.
La risposta l’ho trovata l’altro ieri sera, guardando una sua intervista a Marzullo. Tutto ciò che diceva, a volte in maniera quasi letterale, lo avevo già sentito sin dalla mia infanzia dalla bocca di mia madre. Il suo modo di vedere il mondo e di stare al mondo, come lei lo raccontava, così mi è stato raccontato.
E’ straordinario come ci possa essere affinità tra persone distanti, apparentemente sconosciute le une alle altre, incosapevoli di tanta somiglianza. Sarà la terra, forse. La Pivano era genovese come lo siamo io e mia madre anche se sradicati e radicati a Roma da una vita ormai. Forse è questo che ci lega, non so.
Forse c’è davvero un tratto, un’ anima tra le pietre del Golfo di Genova, forse, davvero, chi nasce in una città eternamente cosmopolita, assorbe insieme al latte, un carattere un modo di essere e stare al mondo. Forse è davvero così. O forse è la consapevolezza della precarietà dell’esistenza che ha sempre di fronte chi di fronte ha il mare aperto.
Forse, allora, è il mare ha portare certo sapere e bagnandosi appena nati si viene batezzati tutti consacrati alla stessa chiesa. Forse è il mare che ci insegna che non c’è fortuna, ne destino, ne giustizia e poco amore ma che comuqnue ce la faremo ad arrivare in fondo, anche se il fondo non ci piace ed è da li che nasciamo, che l’importante è viaggaire e viaggiamo. Che anche se a noi, in fondo, non interessa il fine c’hanno dato spalle larghe per tirare e tirando qualcuno con lo lo portiamo dietro ed è quello l’importante; tirare, tirarsi dietro qualcuno che non sempre ce la fa.
Fernanda Pivano, se ne tirava dietro tanti, mia madre ne tira avanti ancora. Io sono uno di loro.

Grande Fernanda

Fernanda Pivano

Fernanda Pivano


Ci sono persone che segnano un epoca con la loro vita e la loro scomparsa segna la fine di un epoca. E’ ironia della storia che Fernanda Pivano, che amavo tantissimo se ne sia andata in queti giorni in cui davvero un’era sta cambiamo. giorni in cui l’America che lei ha Amato e ha raccontato sta davvero tramontando. Non poteva che andarse via così con la sua America, Fernanda Pivano.
Siede accanto a quei personaggi che mi sarebbe davvero piaciuto conoscere da vicino. Hernest Hemingway, Fabrizio De Andre, Gregory Corso

il Sito Ufficiale di Fernanda Pivano