Category: net culture


In questi giorni in cui il caos che regna sovrano nella mia mente, la serendipity è l’unica via di uscita. Prima di rielaborare tutti i concetti che ho assorbito in giorni di studio e divagazioni su tanti temi meglio fare qualche degna segnalazione.

letture:

R. Barthes, L’avventura Semiologica, Einaudi

Josè Sanchis Sinisterra, La scena senza limiti

blog:

http://www.artisopensource.net/

http://www.digicult.it/

ParkArt Rome

ParkArt Rome

ParkArt Rome 13 maggio 2010

Oggi alle 15.00 un manipolo di ragazzi ha fatto una cosa strana, con una idea semplice, che spero presto si replichi come un virus, alla quale parteciperò volentieri, ogni volta che mi sarà possibile.

Hanno occupato legalmente un parcheggio, uno spazio di pochi metri quadri, per il quale di solito invochiamo tutti i santi del calendario, riempiendolo invece di colori e creatività. Hanno pagato regolarmente il biglietto ed invece di installarci un SUV o un’utilitaria grigio mettallizzata ci hanno messo le loro opere d’arte.

Un’azione di hackeraggio, tanto potente, quanto eversiva ma rispettosa di tutte le regole. Sta qui la novità di questo flash mob.

Quel piccolo biglietto che per pochi euro ci trasforma in contribuenti diventa un bel lascia passare per manifestare il proprio messaggio e riappropriarsi con l’arte di uno spazio ormai occupato dal consumo e dallo stile di vita basato sull’automobile.

Le istruzioni sono semplici, scaricatele e contattate Francesco Ambrosino,

Ho fatto due chiacchere con  Mattia Paco Rizzi / Linguamara ideatore del flashmob e Francesco Amorosino. Attorno a questa idea di possa formare  un gruppo di artisti che possa uscire dai circuiti in cui solitamente l’arte viene proposta e accettata, che siano istituzionali che “underground”.  Un gruppo che punti sulla libertà di espressione e la creatività per comunicare con la gente comune, quotidianamente, nei luoghi dove spende sempre più tempo.

Quindi se l’idea vi interessa contattate Mattia, Francesco o il sottoscritto.

Per settembre – ottobre vorrei preparare insieme a loro un evento  ma spero di riuscire ad usare i parcheggi come laboratorio per mettere in scena un pezzo teatrale che sto scrivendo.

E’ un’idea semplice ed in quanto tale geniale. E’ un flashmob e aderisco felice perchè senza leggere non so stare. gli ospiti del Gentes il 26 marzo riceveranno in regalo un libro. buona lettura.
Il 26 marzo 2010, nelle migliori stradi, sui migliori treni, nei migliori B&B 🙂

qui il gruppo su facebook
qui il sito dell’ideatore promotore Alberto Schiariti

Leggo oggi su La Stampa, il solito pezzo banale e poco etico, visto che si parla di Haiti. Un chirurgo italiano salva gente con l’iPhone. Di per sè, nulla da ridire, la tecnologia è cosa seria e serve non solo a giocare, anzi. Il problema è che deontologicamente parlando, il giornalismo, dovrebbe stare attento alle figure retoriche che usa. L’iPhone non è sinonimo di tecnologia, è solo uno dei tanti dispositivi, forse il migliore, siamo d’accordo, con il quale accedere ad internet in mobilità. La stessa operazione di salvataggio la si poteva fare con qualsiasi altro smartphone. IPhone è un marchio registrato e la sineddoche trasforma la cronaca in pubblicità. Se delle persone sono vive lo si deve allora a tim berners Lee papà del web, ai milioni di sviluppatori che scrivono codice open source che fa funzionare i web server e quindi a Rob McCool primo sviluppatore di Apache, agli sviluppatori di twitter e l’elenco potrebbe continuare per un bel pezzo. Alla fine ringrazierei anche la  Apple di Steve Jobs che l’oggetto, bello,  però se lo fa pagare ben 600 euro.

Pirate

Sto lavorando ad una serie di lezioni che vorrei proporre nella scuola di mio filgio e destinate ai docenti e ai genitori. Lo scopo: aumentare la consapevolezza nell’uso dei linguaggi dei nuovi media: video giochi compresi.

Vietare o semplicemnte contingentare il tempo davanti alla TV o qualsiasi altro strumento di comunicazione non è più sufficente a mio parare per “difendersi” dal bombardamento e dalla manipolazione. E’ necessario entrare nella grammatica  dell’audio del video e dell’interazione e sfruttarla per far passare valori e messaggi educativi.

L’immedesimazione è uno dei meccanismi più potenti, alla base del successo dei video giochi. Possiamo sfrutare la stessa potenza per educare.

In questo video ho preso lo spot di un noto e terrificante gioco di guerra Call of duty  e ne ho fatto una versione educational.

giudicate la differenza dell’impatto emotivo. Spero che tutti i ragazzi amanti di questo gioco ne rimangano colpiti e lo ricordino ad ogni partita che fanno.

La Versione originale la trovate qui http://www.youtube.com/watch?v=8toHfZm6jNE

Buona visione

 

NB:

non appena pronti scriverò un po di post sul progetto più ampio da proporre nelle scuole. Alla base ci sono alcune considerazioni tratte dal modello di BJ Fogg


from flickr:mypixbox

Si sta sviluppando la reazione al tentativo pesante di dare forma giuridica al regime di condizionamento della stampa e della libera informazione che, da anni, ha trasformato una democrazia difficile in un regime telecratico.
Il ddl cerca di togliere di mezzo il fastidioso e assordate ronzio della rete imponendo il dovere di rettifica che vige per le testate giornalistiche, tornando ancora una volta ad equiparare i blog ai giornali.
Inutile cercare di smontare con argomentazioni lapalissiane l’ignoranza sulla quale si fonda un tale principio, mi limito solo a fare qualche rapida osservazione:

i blog oltre a non essere testate giornalistiche hanno un’altra peculiarità. Insieme ad altri strumenti di rete come twitter, ad esempio, costiuscono più che uno strumento di comunicazione di massa, uno strumento di conversazione di massa. Oltre che un attacco alla libertà di stampa qui è in gioco la libertà di parola.
internet non è un mezzo di comunicazione broadcast e generalmente un blog personale non ha uno stuolo di lettori estesissimo. Ad un post ci sia arriva talvolta per caso dopo aver inserito una chiave di ricerca su google e non è detto che la rettifica, di fatto, raggiunga tutti i lettori che sono transitati per il blog che ha pubblicato la notizia “errata”. In sostanza il meccanismo di rettifica pensato per la stampa ha una scarsa efficacia e non risolve, se mai ce ne fosse il bisogno, il problema della tutela del cittadino diffamato.

Va aggiunto inoltre che ogni utente della rete che si ritenga leso o diffamato o semplicemente voglia rettificare un imprecisione o una svista, può lasciare, nella stragrande maggioranza dei casi, un commento sul blog “incriminato”, contattare l’autore o comunque diffondere presso la propria rete sociale un suo “comunicato stampa” (via mail, o attraverso tutti i servizi web che riterrà utile utilizzare)  indicando nella rettifica il link del blog che contiene l’informazione errata. Esercitando di fatto un proprio diritto nella maniera più efficace possibile e indirizzando la rettifica ad un pubblico mirato. un diritto di rettifica attivo, novità assoluta nella storia e molto ma molto più efficace di quello veicolato a mezzo stampa.

A tutti coloro poi che continuano ostinatamente ad assimilare l’attività del blogger a quella del gironalista o pubblicista chiedo:
volete assoggettarmi alla legge sulla stampa?. Bene. In cambio volgio allora l’iscrizione all’ordine. Si, si avete capito bene. L’Ordine. Ho scritto oltre 600 post in due anni che, statistiche alla mano, hanno raggiunto un numero di lettori (visitatori unici, uno diverso dall’altro) ben oltre la soglia di lettori di molte delle testate giornalistiche locali che pur danno diritto all’iscrizione all’albo. Un’attività non occasionale avendo in media scritto oltre un post al giorno e retribuita (si incassa da google pochi centesimi a post ma tanto vale in conseguneza della sentenza  sentenza 21-23 marzo 1968 n. 11 della Corte Cotituzionale).

Per concludere due parole sulle forme di protesta che vanno nascendo in questi giorni. C’è chi propone di accodarsi alla gironata del silenzio indetta dal sindacato dei giornalisti Non credo sia il momento del silenzio, nemmeno simbolico. Credo invece che sia il momento di farsi sentire, sempre più forte.
Lo sciopero dell’informazione con una giornata di silenzio può andar bene e risulta altamente simbolico per tutti i media tradizionali, fondati su una logica broadcast. si spegne la sorgente, il silenzio è assoluto. ma per un mezzo  di conversazione di massa, restare in silenzio non credo sia utile ne la valenza simbolica ne risulterebbe accresciuta.
Trovo molto più interessante la proposta di dedicare la giornata spesa scrivendo sul proprio blog alla riflessione, postando almeno 10 post sul tema e taggandoli tutti ‘noalbavaglio’. proposta di Gianluigi Cogo e che sottoscirvo entusiaticamente. Meglio ancora se ci si raccogliesse tutti intorno al blog http://14luglio2009.wordpress.com/

E’ inutile aggiungere altri commenti. Che i ragazzi di google abbiano le idee chiare su dove andare mi sembra ovvio.

il tavolo n° 8 Individuo e Innovazione

L’ho fatto decantare questo post per un paio di giorni. Per raccontare l’esperienza al Barcamp Innovatori PA.

L’ho fatto decantare questo post per un paio di giorni, per raccontare l’esperienza al Barcamp Innovatori PA per bene. Splendidamente organizzato in una delle sale della Meeting Hall del Forum PA e pieno, pieno di gente, Innovatori PA è stato un Barcamp importante rispetto a tutti gli altri perchè ha messo in contatto due mondi che, fino ad oggi, viaggiavano paralleli. Quello della cultura e della partecipazione dal basso, i nomadi della rete che ogni tanto si riuniscono per continuare l’incessante dibattito in rete e quello dell’organizzazione gerarchica, della burocrazia e della legge tradotta in pratica amministrativa che ha bisogno di innovarsi e di innovare i modi di innovarsi.

Al barcamp non si sono ritrovati rappresentanti di uffici, amministrazioni, sigle sindacali, aziende e politica ma individui, cittadini che svolgono la loro attività professionale e di servizio in queste entità. Non è una questione di lana caprina ma un ribaltamento di prospettiva che tutto d’un tratto si è concretizzato attorno una decina di tavole rotonde alle quali ognuno ha potuto dare il suo contributo.

Al Tavolo numero 8 il tema era proprio questo: Individuo e innovazione e, nelle intenzioni di chi scrive e ha fatto da “relatore” c’era la volontà di porre l’accento proprio su come, un singolo individuo possa contribuire ad innovare anche se l’organizzazione nella quale lavora, non comprende, rema contro o semplicemente non è strutturalmente in grado di accogliere il cambiamento. Apparentemente.

Apparentemente perchè basta saper cogliere i segnali e tralasciare le aspettative personali per riuscire ad innescare dei cambiamenti. Un segnale, si è acceso subito, ancora prima che la discussione partisse.

Al tavolo si è aggregato dopo una breve presentazione del tema il Vice Sindaco di Venezia. Una specie di metonimia perchè nelle mie intenzioni c’era proprio quello di introdurre il tema della politica come espressione massima dell’innovazione. Allo stesso tavolo sedevano una decina di persone individui, di cui non riporterò i nomi, (possono lasciare un commento loro al post per presentarsi e dire la loro) come non ho fatto il nome del politico Veneziano, perchè anche se il tema era individuo e innovazione, la parola individuo nella sfera della PA muta la sua accezione.

L’individuo è lo stato, conta e deve contare ma non rappresenta se stesso ma i cittadini e lavora e dovrebbe lavorare per loro.

Lo sò, sono parole che sembrano fuori dal mondo ma nonostante la realtà sia problematica restano vere. L’individuo, nella PA, fa e deve fare politica. Fissarsi degli obbiettivi e lavorare, innovare e migliorare la pubblica amministrazione significa fare poltica.

Al Tavolo numero 8 abbiamo cominciato una discussione per vedere di costruire una piccola guida che aiuti l’individuo a realizzare, in piccolo, l’innovazione. Ho raccontato la mia esperienza alla Sapienza e di come, a mio modo di vedere, in qualsiasi ufficio ci si trovi, si possa cercare di innovare con pazienza e determinazione ma sopratutto cercando di lavorare sulla semantica per ampliare la propria sfera di competenza e costruire “organizzazioni” a legame debole. (i barcamp sono un esempio lampante di questo tipo di organizzazione).

Facendo accenno ad un libro che mi ha colpito molto in passato, The Starfish and the Spider: The Unstoppable Power of Leaderless Organizations di Ori Brafman and Rod Beckstrom, si è seduto al tavolo un nuovo tipo di dipendete pubblico: Il catalizzatore.

Vorrei approfondire qui il tema che, nel seguire, la discussione forse non ho esposto chiaramente. L’individuo che vuole fare innovazione (leggi politica, non nel senso partitico ovviamente che, ormai, non è più senso) deve trasformarsi in un catalizzatore ovvero un individuo con le seguenti caratteristiche (Brafmam e Beckstrom sempre)

  1. prova un interesse genuino nelle altre persone
  2. predilige un elevato numero di relazioni “deboli” piuttosto che poche, strette e vincolanti
  3. ha una attitudine al social mapping.(termine diffice da tradurre in italiano)
  4. sono inclini ad aiutare chiunque glielo chieda
  5. hanno la capacità di aiutare le persone ad aiutare se stesse ascoltandole comprendeno piuttosto che dando dei consigli
  6. sono dotate di intelligenza emozionale.
  7. hanno fiducia negli altri e nelle reti distribuite
  8. sono loro malgrado degli ispiratori
  9. sopportano l’ambiguità.
  10. adottano strategie discrete (A hands-off approach) senza interferire o cercare di controllare il comportamento degli altri componenti la struttura decentralizzata.
  11. sanno abbandonare l’organizzazione che hanno creato. dopo avre costruito una struttura decentralizzata i catalizzatori la abbandonano piuttosto che tentare di mantenerne il controllo.

Apparentemente non c’è niente di più di quello che serve a far un buon cittadino. Allora cos’è che colpisce nella semplicità di questo approccio?

Riflettendo su quanto emerso durante la discussione credo che a far la differenza tra il buon senso e la banalità siano i punti 2, 9, e 11. Fino ad oggi, per sfuggire al meccanismo disumanizzante della burocrazia o per far valere i propri diritti e quelli dei cittadini di fronte a storture e inefficenze, si è dovuto cambiare famiglia di appartenza: dallo stato ad un partito, un sindacato, un gruppo portatore di interesse.

Tutti, comunque, tipi organizzativi fondati su legami forti e vincolanti (ad una persona, ad una ideologia ad una opportunità). Oggi grazie ad inernet le intermediazioni di queste strutture non sono più in grado di reggere e l’individuo ha l’opportunità di mantenere legami deboli ma efficaci con un numero elevato di altri individui che condividono il suo stesso modo di vedere le cose. Ha gli strumenti per organizzarsi e lavorare e raggiungere una massa critica, in taluni casi, anche notevole. Massa che lo aiuta ad innovare.

Nel Libro citato si fanno numerosi esempi di organizzazione decentralizzate e a legame debole “loosely coupled“. (Alcolisti anonimi, al Queida etc…). Al Barcamp Innovatori PA c’erano molti alcolisti anonimi della Pubblica Amministrazione.

Il punto 9 è caro a tutti. Sopportare l’ambiguità è un esercizio che qualsiasi impiegato ormai ha nel DNA. Non sarà bello ma è anche molto molto istruttivo.

Il punto 11 lo descriverei così. Il premio dell’innovazione è la possibilità di innovare ancora. Quindi, raggiunto un obbiettivo che diventi di tutti è nelle cose se ci si ponga in quest’ottica e si punti al prossimo. Nel pubblico tutto questo ha una valenza in più. E’ una missione istituzionale.

Ma al tavolo no ho parlato solo io, sono intervenuti un po tutti su questo tema, rilevando innanzitutto:

  • lo sdoppiamento di personalità nei confronti dell’innovazione. Ovvero, si propone di utilizzare un nuovo strumento o metodo di lavoro incontrando resistenze da parte di colleghi che il giorno dopo però gli raccontano di aver decriptato il segnale televisvo satellitare per guardare la partita.
  • questo a causa del sopravviere della cultura dell’adempimento e dall’assenza del benchè minimo sistema incentivante sotto il profilo personale e professionale.
  • L’assenza di tutela e difesa nei confronti dell’esercizio di potere e dissuasione di coloro che, in difesa di interessi consolidati, reagiscono contro coloro che cercano di portare il cambiamento. L’innovazione rompe sempre equilibri ed interessi pre esistenti. Si sa. Ambiguità.

I tempi stanno cambiando  e l’uso consapevole della rete costituisce un nuovo grande strumento in mano a tutti coloro che vogliono intraprendere la carriera di catalizzatori e contribuire a decentralizzare la propria organizzazione. Il tentacolo di una stella marina ricresce un ragno senza testa muore. Bisogna ricordare sempre a noi stessi, ai dirigenti, ai ministri. “Lo Stato sono io” in carne ed ossa.

Un ringraziamento a qusto punto va a Gigi Cogo per lo sforzo profuso nella costruzione di quella fantastica loosely couple organisation che è innovatori Pa, a Flavia Marzano per la sua cortesia e contagioso entusiamo e tutti coloro che ho incontrato e rivisto e che non ho citato. Il post è già abbastanza lungo ma ho ancora qualcosa da raccontare dell’esperienza vissuta al TAvolo del Processo alla PA. magari nei prossimi giorni.

 Si Internazionale, Clay Shirky prova spiegare ad un pubblico sempre più confuso ed allibito, quello che sta succedendo.

Chi come me va in giro modestamente a sostenere le stesse cose con amici, parenti, colleghi e sconosciuti e viene visto come un semi marziano, trattiene a stento il sorriso.

E’ incredibile assistere nel quotidiano all’accelerazione della percezione dei cambiamenti in atto le persone che fino ad oggi si rifiutavano di credere che il mondo così come lo abbiamo pensato fino ad oggi è finito e che questa frase non è soloo uno slogan.

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